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2 giugno: non è la nostra festa

Oggi l’Italia festeggia il 2 giugno, ovvero il giorno in cui venne fatto il referendum istituzionale in cui si doveva decidere la forma dell’Italia post bellica (ovvero se fosse monarchia o repubblica). Aldilà della dubbia veridicità dell’esito, e del fatto che i risultati dimostrarono inequivocabilmente per l’ennesima volta la frammentazione della penisola, porgo oggi l’attenzione su come questa ricorrenza fa il paio con un’altra data appena celebrata ovvero quella del 24 maggio (giorno dell’entrata in guerra dell’italia per allargare ulteriormente il regno di Sardegna con la patetica scusa di liberare delle terre irridente).

Queste celebrazioni fanno emergere in tutta la loro drammaticità gli eventi sanguinosi della storia (aimé) unitaria della penisola, il fatto che l’italia non ha mai fatto i conti con il proprio passato, il fatto che nessun governo italiano abbia mai chiesto scusa per i crimini commessi, il fatto che questa italia abbia tradito tutti i fondamenti della propria costituzione tranne quello di continuare a difendere ostinatamente il fatto che l’italia è una ed indivisibile. Queste ricorrenze esaltano il più bieco nazionalismo, ancora oggi ci sono servizi speciali della tv di stato che esaltano le rivendicazioni dell’entrata in guerra dell’italia nel primo conflitto mondiale senza ovviamente menzionare i massacri patiti dai soldati, la vita di trincea, i plotoni di esecuzione, le decimazioni, la distruzione delle terre che divennero campi di battaglia o per meglio dire cimitero per centinaia di migliaia di giovani. Il tutto viene oggi giustificato perché quella carneficina creò il primo evento di massa che “unì” i popoli della penisola, ma a che prezzo?

Piuttosto, e qui cadiamo nella mistificazione della realtà del 2 giugno, come atto fondativo della nuova italia fondata sulla lotta antifascista. Nuova? Ma non prendiamoci in giro! Basta ripercorrere gli avvenimenti della guerra di liberazione, quelli degli anni del regime fascista, ma anche dell’italia liberale, per capire l’attualità italiana. Il moto gattopardiano descrive perfettamente l’intera storia unitaria: “tutto cambi affinché nulla cambi”. Nulla è cambiato, chi era al potere è sempre rimasto al potere, può avere cambiato denominazione o colore ma non sostanza.

Spesso, in modo neanche troppo velatamente polemico, mi si domanda, quando esterno le mie opinioni in merito all’inconsistenza storica delle pretese unitarie italiane, se preferirei essere ancora governato dagli Asburgo. Normalmente non rispondo, perché l’assunto è sbagliato e dimostra l’incapacità di molti di pensare che i Popoli della penisola siano in grado di autogovernarsi singolarmente senza l’intromissione di un padrone esterno (Savoiardo, Austriaco, Tedesco, Spagnolo, Francese o altro).

Io personalmente mi rifaccio all’unica vera esperienza nazionale del risorgimento della penisola, ovvero la Repubblica Veneta del 1848-49 di Daniele Manin (risorgimento, è bene sottolinearlo, inteso come momento di emancipazione da un’occupazione straniera, e non come passaggio da una occupazione ad un’altra vessazione ancora peggiore). L’esperienza unitaria italiana che ancora stiamo vivendo, oltre a farci perdere la libertà, come avvenne durante il lombardo veneto asburgico, ha annullato ogni peculiarità locale; ha provocato un etnocidio culturale generalizzato; ha azzerato ogni lingua della penisola; ha depauperato la terra e le persone; ha causato l’emigrazione di milioni di persone in tutti continenti; ha reso complici le genti della penisola delle esperienze coloniali dall’italia con i massacri e la riduzione in schiavitù delle popolazioni assoggettate; ha fatto divenire campi di battaglia nel primo conflitto mondiale intere terre, autorizzandone di fatto la devastazione: il Veneto, il Friuli, il Trentino ed il Sud Tirolo; ha ridotto a silente ed operoso complice l’italietta fascista dell’inaudito crimine della Shoah; ed ora vede negare in modo illegittimo, ai popoli che lo richiedono, qualsiasi forma di autodeterminazione (dal passaggio da una regione all’altra, al diritto di indipendenza statuale).

Quindi se dovessi scegliere tra il male minore sicuramente sceglierei il periodo di governatorato del lombardo-veneto sotto la guida di Massimiliano d’Asburgo (1857-1859). Ma non posso accontentarmi del male minore, perché sempre di un male si tratta, l’aspirazione alla libertà dei Popoli della penisola è un diritto inalienabile che può essere rivendicato in ogni momento, e poco importa quanto afferma la costituzione, perché qualsiasi ordine o legge sbagliata decade anche se sancita da una costituzione.

L’italia è un’espressione geografica e come tale deve essere considerata. Purtroppo le invenzioni “nazionali” delle potenze economico-egemoniche sono un continuo nella storia dei popoli. Di recente stiamo vedendo come presunti leader mondiali si stanno spendendo per il riconoscimento dello Stato che non c’è: la palestina. L’esperienza italiana dovrebbe far capire che, creare nazioni e popoli ad hoc per soddisfare le richieste delle egemonie economiche di turno, è un danno per tutti, e che, prima o poi le menzogne vengono a galla e i conti li pagano sempre i Popoli che subiscono questo sopruso.

Quindi prima di unirsi ai cori nazional-tricolori osannanti il 2 giugno piuttosto che il il 24 maggio, o altre date dall’almanacco nazionalistico italiano vi chiedo di fermarvi a riflettere su come si sono svolti i fatti, e quanti sono stati uccisi per soddisfare il nazionalismo e la sete di potere di poche élite.

 

Longarone 2 Giugno 2015

 

per il Veneto Serenissimo Governo

il Vicepresidente

Demetrio Shlomo Yisrael Serraglia