Comunicati Ufficio Affari Esteri

Dalle uccisioni alla colonizzazione culturale: come Pechino tratta il Tibet

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La recente e dura repressione cinese contro le legittime aspirazioni e rivendicazioni della popolazione tibetana, rappresenta solamente l’ultimo anello di una lunga catena di interventi del regime di Pechino.

Altre pagine sono già state tragicamente scritte.
Tutto iniziò, qualche decennio fa, con le uccisioni “mirate”, le percosse e le torture nei confronti dei civili, nonché le incarcerazioni senza prove, tipici espedienti dei regimi totalitari di ogni tipo.
Poi si incentivò, tramite agevolazioni economiche, il trasferimento di migliaia di persone appartenenti al gruppo etnico Han (i cinesi) in Tibet.
Infine la colonizzazione culturale, con il tentativo di cancellare la lingua tibetana sospendendone l’insegnamento, ragione per cui ancora oggi molti tibetani non mandano i propri figli in scuole nelle quali imparerebbero soltanto il cinese.
Ma l’apice di questa politica discriminatoria è stato raggiunto con l’attacco frontale alla religione dei tibetani, quella peculiare versione del buddismo denominata lamaismo. Le ferite consistono in monasteri distrutti, libri sacri bruciati e templi rasi al suolo. Inoltre il regime di Pechino, coadiuvato dalla “cricca” dei suoi emissari locali, controlla direttamente e pesantemente la vita dei religiosi.
Ogni monastero necessita di un atto ufficiale di registrazione emanato dalle autorità cinesi; alla vita monastica si accede, previo parere del regime, solo alla morte o in un sostituzione di un altro monaco; gli orari di apertura/chiusura dei monasteri sono stabiliti “de iure” dall’autorità e, infine, periodicamente i monaci devono essere “rieducati” attraverso stage di indottrinamento.
A ben vedere si tratta di un vero e proprio tentativo di “genocidio culturale”, perpetrato da un regime di stampo nazista, verso il quale troppi illustri intellettuali europei mostrano eccessiva comprensione.
Anche recenti iniziative di professori universitari italiani che, mentre parlano di complotto occidentale anticinese e atteggiamento pregiudiziale filotibetano dimostrano di dimenticare l’analoga colonizzazione culturale che lo stato italiano conduce da 141 anni nei confronti del Veneto, denotano la parzialità e superficialità con cui si affronta la questione.
Ancora una volta il Veneto Serenissimo Governo, in quanto erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, ribadisce che in gioco vi sono la sopravvivenza e la libertà del popolo tibetano e che, pertanto, non è ammessa alcuna compromissione con il regime assolutista cinese, anche nella forma della partecipazione ai prossimi giochi olimpici.
Venezia, 27 aprile ’08
Per il Veneto Serenissimo Governo
Il responsabile Dip. lotta contro integralismo
Andrea Bonesso